Scrittore russo, noto
anche con lo pseudonimo di
Nepanov Ščedrin o quello di
Saltykov-Šcedrin. Compiuti gli studi nel liceo di Zarskoe-Selo, dove
aveva studiato Puskin, nel 1844 fu assunto come impiegato al ministero della
Guerra di Pietroburgo, dove rimase per quattro anni, periodo in cui, venuto in
contatto con i circoli progressisti, iniziò a scrivere per la stampa
favorevole all'Occidente. Nel 1848, a causa del radicalismo del racconto
Un
affare imbrogliato, fu sospettato di idee liberali e trasferito a Vjatka,
dove rimase fino al 1856, lavorando negli uffici del governatorato; in quello
stesso anno iniziò a pubblicare nella rivista “Il messaggero
russo” gli
Schizzi provinciali, la prima sua opera di largo
respiro, che affermò le sue qualità di narratore satirico. Tornato
a Pietroburgo, nel decennio 1858-68 fu inviato dal ministero dell'Interno, alle
cui dipendenze lavorava, a svolgere continui incarichi burocratici in numerose
cittadine di provincia: acquisì in tal modo una profonda conoscenza di
quel mondo, che venne poi delineato acutamente nelle sue opere. Nel 1868,
assunta col poeta Nekrasov la direzione del periodico “Gli annali
patrii” (soppresso nel 1884), si dedicò esclusivamente
all'attività letteraria, divenendo la guida riconosciuta degli
intellettuali radicali. In romanzi e racconti, a partire dai già
ricordati
Scritti provinciali (1856-57), diede una descrizione satirica -
ma non priva di profondità di analisi e di potenza drammatica - della
società russa a lui contemporanea: nei suoi scritti, fra il giornalismo
satirico e il quadro di costume, rappresentò infatti gli ambienti della
burocrazia provinciale (
I Pompadour e le Pompadour, 1863-73;
Lettere
dalla provincia,1868-70;
Diario di un provinciale, 1872), e quelli
della nuova avida borghesia mercantile (
I signori di Taškent,
1869-72); inoltre dipinse, attraverso l'allegorica vicenda di una
città, la situazione dell'Impero russo (
Storia di una
città, 1869-70). Suo capolavoro è però il romanzo
I
signori di Golovlëv (1880), cupa raffigurazione della dissoluzione di
una famiglia della nobiltà, divorata da vizi e dall'avidità. Tra
le altre sue opere sono ancora da menzionare
Segni dei tempi (1868-69),
Discorsi benintenzionati (1876) e gli scritti degli ultimi anni,
oscillanti fra composizioni liriche (
Favole, 1880-85) e ricordi
autobiografici (
Le antichità di Pǒsechone,
1890,
postumo) (Spas-Ugol, Tver' 1826 - Pietroburgo 1889).